domenica 21 dicembre 2014

Cìtte ma'!

Si sa che le donne si confidano, ne hanno bisogno, si devono sfogare; tra amiche, con le sorelle e soprattutto con le mamme.
 
Una giovane moglie va a fare visita alla madre che vedendola sconvolta le chiede:

< Fìgghie, ce t’è succèsse?

< Cìtte ma’ …. Stòche stànghe

< ca no’ te putève ccumpagnà marìtte?

<Cìtte ma’… stè fatije, 'u sé ca quìdde no canòsce orarie e nò canòsce fieste, è nu ciuccie de fatìe e no' canòsce òtre

< e vinìve quanne turnàve...

< Cìtte ma’ . Quanne torne mange e se corche. E tu cè dice ca ije nonge hagghie asse’ maje?

< e lassa fa’... porte le solde a case…

< Cìtte ma’ …. Tutte cose jdde tène mmàne …

La madre non ha più argomenti e non riuscendo a mediare in nessun modo, commenta:

< eh!  figghie... come l’è sbagliàte!

< Cìtte mà …. ca jdde manche l’ha 'ndrezzàte!

lunedì 15 dicembre 2014

Villa Schinaia


L’800 consacrò il predominio incontrastato della borghesia agraria, personificata dalla figura del galantuomo, del signorotto. Questi modificarono strutture esistenti, sino ad allora chiamate a svolgere mere funzioni economiche, rendendole più confortevoli e adeguandole alle esigenze dell’attività svolta senza tralasciare però l’impatto visivo, prestando particolare attenzione ai dettagli architettonici, interni ed esterni, dell’edificio. Nacque così il casino, un complesso edilizio tipicamente rurale o suburbano destinato a scopi residenziali, ben distinto nelle forme architettoniche dai contigui ambienti produttivi preesistenti, inseriti in una masseria. 
Fu però all'interno dei vigneti di Talsano, Lama e San Donato che vennero apportate le novità più significative. Il casino delle aree viticole del Tarantino si inseriva, quindi, in una struttura produttiva e della organizzazione del lavoro molto diversa rispetto a quelle prefigurata dalla masseria, quasi alternativo ad essa, come dimostrano i rispettivi effetti sulle campagne circostanti. 
Mentre lo sviluppo della masseria aveva una delle più profonde ragioni d'essere proprio nella espulsione della piccola proprietà contadina, il vigneto ha sempre promosso il radicamento della popolazione rurale.
 

Tipico esempio dell’evoluzione della ristrutturazione urbanistica è un edificio particolare e sicuramente unico nel suo genere in Talsano: Villa Schinaia.







Un edificio voluto da Francesco Schinaia, un proprietario agricolo, che nel 1921 decise di costruire sui suoi terreni, una casa colonica che gli consentisse di seguire sul posto, il lavoro e i lavoranti. In seguito continuò la costruzione in modo da poterci abitare.
Francesco Schinaia legò la costruzione della villa alle sorti dell’azienda agricola, unica fonte di fondi per la costruzione.
Dopo 25 anni, nel 1946 la casa colonica era solo una parte della villa di tre piani che ancora oggi possiamo ammirare appena si arriva a Talsano.
  

















Masserie e "puèppete"!



Gli abitanti delle masserie erano contadini che avevano la fortuna di sfruttare le risorse di un territorio ricco di uliveti e vigneti. In un primo momento le masserie si dedicarono prevalentemente all’allevamento del bestiame, in relazione anche ai crescenti flussi di bestiame transumante, richiamato nel tarantino dall’istituzione della Dogana della Mena delle pecore, istituita da Re Alfonso d’Aragona detto il Magnanimo, già nel 1447. Altre masserie invece erano miste, cerealicole e pastorali. Nel settecento l’importanza dell’olivicoltura crebbe in maniera esponenziale occupando sia i seminativi sia le aree di macchia mediterranea. Ruolo marginale ebbe invece la viticoltura che presupponeva territori diversi che dovevano proteggersi dal bestiame.
Oltre ai campi esistevano spazi ridotti e in genere murati, chiamati “giardini”, riservati alla frutticoltura e orticoltura, generalmente riservato al sostentamento dei lavoratori ospitati in masseria. Il lavoro era tanto e Talsano divenne meta dei contadini del basso salento – dalla popolazione locale denominati “puèppete”  (dal latino "Post oppidum" = fuori città, dunque  forestiero) - che giungevano nelle masserie come lavoranti stagionali, principalmente in occasione della mietitura e della raccolta delle olive, e spesso vi rimanevano.
Nell’800 iniziò il lento e inesorabile declino delle masserie. La cerealicoltura divenne poco remunerativa, la produzione olearia venne quantitativamente e qualitativamente superata da quella del barese. All’iniziò i fondi vennero concessi a mezzadria ai contadini che le lavoravano. I più fortunati tra loro ebbero la possibilità di riscattare i terreni e di costruirvi la propria abitazione, dalla struttura semplice di casa rurale, composta da una rimessa per il mulo o il cavallo, una grande stanza per la famiglia, cucina e orto.
Fu così, con la dismissione e spartizione del latifondo,che tra l’800 e il 900, la galantomia rispose all’impennata della domanda di terra da avviare alla viticoltura dismettendo le masserie. Inizio così, con la diffusione dei vigneti, una stagione di relativa ancorchè effimera agiatezza contadina.
Le masserie di solito erano individuate col nome della famiglia proprietaria:
d’Ayala, Carducci, Abeteresta, Nisi, Giangrande, Capitignano, Troccoli, Lo Jucco, Monaco, ...
... oppure dalla zona:
La battaglia, San Domenico, Lecutrane, Ospedalicchio, Pizzariello, Sanguzza, ...

sabato 13 dicembre 2014

La Badia diventa Parrocchia



https://www.facebook.com/groups/149969395045511/ - U' Calavrès (Talsano e Talsanesi di un tempo)

Anche se non esistono documenti in tal senso, presumibilmente i Padri Basiliani tennero la Badia fino ai primi del XVI secolo. Nel 1767 la Compagnia fu espulsa dal Regno, tutte le sue proprietà furono date in enfiteusi e tra gli affittuari ricordiamo Giacomo Resta, Raffaele Brescia e Angelo Ristano, che erano piccoli proprietari, quasi contadini che dopo un po' , non riuscirono più a sopportare le spese dell'affitto e furono costretti a cedere il loro diritto ad una nobildonna leccese, Caterina Morelli vedova De Beaumont - già proprietaria della zona detta di San Martino - che chiese e ottenne dal Sovrano di subentrare nell'enfiteusi e tra il 1790 e il 1795 completò la proprietà dell'intera zona detta San Vito del Pizzo.
Con bolla di Monsignor Capecelatro del 10 Luglio 1792 venne eretta canonicamente a Parrocchia e con un'altra bolla del 26 gennaio 1793 fu nominato primo Parroco il Sacerdote Don Carlo Chimienti, seguito nel 1805 da Don Filippo Ungaro e nel 1823 da Don Giuseppe Brundisini.
Nel 1844 arrivò a Talsano don Giuseppe Semeraro di Martina Franca, e trovò una comunità di più di tremila abitanti che partecipavano attivamente alla vita della Parrocchia, tanto che l’anno successivo per volontà di Ferdinando II, allora Re di Napoli, fu restaurata con una spesa di 1138 ducati.
Tale evento viene tuttora ricordato da una lapide posta sulla parete sinistra della Chiesa, vicino al fonte battesimale risalente al periodo basiliano, con la seguente scritta:

La sovrana munificenza del pietoso Regnante 
Ferdinando II 
Le devote elargizioni del Comune di Taranto 
Le pie oblazioni del Parroco 
e dei fedeli addetti alle sue cure 
Sotto i felici auspici di Monsignor D. Raffaele Blundo
Arcivescovo di Taranto 
E dell’Arciprete della Parrocchia D. Giuseppe Semeraro 
di Martina 
L’Antica Cappella rurale A.S. Maria di Talsano sacrata
Così restaurano ed ampliano 
l’anno del Signore 1845 

notizie storiche da: "Percorsi della memoria" di N. De Gregorio