venerdì 28 novembre 2014

Le fave d'a prima mugghiere



A volte sarà capitato di sentir dire “ le fave d’a prima mugghiere” – in riferimento a qualcosa di buono  e difficilmente riproducibile o riferita ad una persona dai gusti particolarmente difficili.

Questo modo di dire, tipicamente tarantino, deriva da una simpatica storiella:

“Un contadino rimasto vedovo, si risposò con una brava donna del paese. La prima moglie usava preparargli le nostre gustose fave bianche in un modo particolare che incontrava i gusti del marito.

La seconda moglie invece cucinava le fave in modo diverso che non soddisfacevano appieno i gusti del marito, tant’è che questi ogni volta che le mangiava sospirava < ah! Le fave d‘a bon’ànema!>


Una volta avvenne che per distrazione, le fave bruciacchiarono rimanendo in parte attaccate al fondo della pignata. Tuttavia non potendo fare altrimenti, la moglie le recuperò alla bene e meglio e le servì all’ora di pranzo, tra mille scuse. Il marito, notò subito la differenza, ma gradì tanto che finalmente disse < Sta vòte  t’è ‘mmurtalàte! … so’ pure chiù megghie de come le faceva ‘a bon’ànema!>”

domenica 2 novembre 2014

“Pe’ ste parole sante e benedette”



Frase usata per acconsentire a quanto detto da altri, auspicandone il verificarsi.

E’ un antico modo di dire che ha origine da un simpatico aneddoto:
In occasione della morte di un giovane uomo, convennero in casa del defunto amici, parenti e vicini.
Erano tutti seduti intorno alla salma a commentare lo sciagurato evento, rimpiangendo il defunto e compiangendo la povera moglie. Una parola tira l’altra e il discorso scivolò sull’opportunità e la convenienza che la giovane vedova si risposasse e, di bocca in bocca, vi fu chi si spinse a fare anche il nome di uno dei presenti come possibile candidato.
Voce ‘nnanze voce, la cosa giunse all’orecchio della vedova che senza scomporsi rispose: - Pe’ ste parole sante e benedette, cummari mie, ca stu pinziere me stè passave p’a cape…