giovedì 15 febbraio 2018

Tre sorelle

Quella che vado a raccontare è la storia di una famiglia, padre, madre e tre sorelle in età da marito. 
Erano buone, brave e belle ragazze ma tutte e tre avevano evidenti difetti di pronuncia.
I genitori, preoccupati per il loro futuro, si prodigavano per cercare giovani pretendenti.
Una domenica mattina il padre annunciò che in mattinata si sarebbe presentato un giovane per parlare lui. 
La madre preoccupata del difetto delle figlie, in quella circostanza, si raccomandò loro di rimanere in rigoroso e prudente silenzio.
Il giovane si presentò quasi a mezzogiorno, e la donna aveva già acceso il fuoco sotto la caldaia.
Il giovane parlava con il padre delle ragazze, la madre si preoccupava di offrire loro del rosolio e le tre sorelle intorno al tavolo, in rigoroso silenzio, si fingevano in altre faccende affaccendate quando si accorsero che l'acqua della caldaia cominciava a bollire.
Emozionate dall'ospite e distratte da quel momento di confusione le  sorelle parlarono. Cominciò la più piccola: < fè fè a catà! >
la seconda rispose: < mè mè maccaù! >
e la più grande le rimproverò: < tè tè facìme! 'a mamme n'ha dditte de no faveddà e nu faveddàme? >

Facile dedurre che a questo punto il guaio era fatto e nell'imbarazzo generale il giovane pretendente salutò educatamente e non si fece rivedere mai più.
 


KALIMERA




Neanche i Romani furono immuni alla bellezza delle tarantine. Proprio nel III secolo A.C. quando Taranto era assediata dai Romani, a Taranto viveva una bellissima ragazza, KALIMERA
Una mattina come tante altre, Kalimera si affacciò dalle mura di cinta tarantine per guardare l’accampamento romano, ma i suoi occhi incontrarono quelli del comandante dell’esercito romano, il console Tumulo. I due si innamorano perdutamente, ma tra loro e l’amore c’erano le inespugnabili mura che proteggevano la città di Taranto che impedivano a Tumulo di entrare e a Kalimera di uscire, così che i due giovani non potevano amarsi.
Una notte Kalimera, riuscì ad eludere le sentinelle e ad aprire una delle porte per far entrare Tumulo, ma con lui entrarono anche i suoi soldati che occuparono la città.
Per fortuna i tarantini furono pronti a rispondere all’assalto con tutto il loro spirito guerriero e riuscirono a cacciare i romani che ritornarono nel loro accampamento e a fare prigionieri i più ardimentosi, tra cui Tumulo.
Ma chi aveva tradito doveva pagare e si fece presto a scoprire Kalimera che, per il suo gesto, secondo le leggi del tempo fu condannata al rogo.
Appena preparata la pira al centro della città, vi issarono Kalimera. Ad assistere all’esecuzione c’era anche Tumulo che, appena le fiamme toccarono Kalimera, si liberò dalla morsa delle guardie che lo tenevano immobilizzato e salì sul rogo, abbracciando finalmente la sua Kalimera e scegliendo di morire con lei.
Una storia triste ma allo stesso tempo romantica, eroica, bella e meritevole di essere tramandata perchè la leggenda vuole che ancora oggi in alcune vie della città, sia possibile udire i bisbigli d’amore e le urla di dolore dei due amanti che la vita ha voluto divisi e la morte ha unito per l’eternità.