Donato era una persona pacata e tranquilla, comunemente definito " 'nu bbuène cristiàne", " 'nu paciòne" - aveva ereditato un
cospicuo patrimonio e quindi viveva una vita agiata e priva di
mortificazioni, non era sposato, non aveva parenti , ma era
altruista e, per questo, rispettato da tutti.
Un giorno incontrò una zingara che con
insistenza volle leggergli la mano. Donato un po' per curiosità o forse per gioco, acconsentì. Porse la mano delicata e senza calli, perché in vita sua non aveva mai lavorato, che non passò inosservata alla zingara che gli
predisse un futuro cupo, dicendogli che in un lasso di tempo relativamente breve
avrebbe perso tutti i suoi averi.
Donato di colpo
impallidì, ma quella predizione cambiò radicalmente il suo modo di vivere; da uomo assennato e parsimonioso diventò dissennato e sprecone, spendeva in continuazione e, in poco tempo, dilapidò tutto il suo patrimonio fino a cadere in miseria, riducendosi a chiedere l’elemosina.
La gente nel lasciargli una monetina diceva: “facìte ‘a lemoséne a Dunáte ca’u tijmbe
l’ha jabbáte! (fate l’elemosina a Donato che il tempo lo ha ingannato!).