Questa espressione viene usata quando, per l'arrivo di una nuova persona, si perdono i privilegi acquisiti e si riferisce ad una antichissima vicenda storica della Taranto Magnogreca.
Nel 281
a.C. la città di Taranto, in Magna
Grecia entrò in conflitto con Roma,
e stava preparandosi a un attacco romano che le avrebbe inferto una sicura
sconfitta. Roma era già diventata una potenza egemone, e si muoveva con
l'intenzione di sottomettere tutte le città greche dell'Italia meridionale.
I tarantini, che non erano abituati alle guerre, mandarono una delegazione a Pirro, re dell’Epiro,
perché intervenisse e li aiutasse a salvare la loro città dalla conquista
romana.
Pirro, già desideroso di vittorie ci vide anche l’occasione di fondare
senza sforzi un regno in Italia, nonché quella di conquistare la Sicilia ed
espandersi in Africa Incoraggiato nell'impresa dalle predizioni dell’oracolo
di Delfi, nonché dall'aiuto del re di Macedonia Tolomeo
Cerauno, il più forte dei suoi vicini, Pirro decise di intervenire a favore
dei tarantini.
La guerra durò dal 280 al 272 a.C. quando Pirro ormai sfinito fu costretto a
capitolare.
Taranto era una città molto ricca ma gli anni di guerra furono molto difficili
per i tarantini. Pirro, per mantenere i propri soldati, aumentò le tasse
costringendo i tarantini a condizioni di vita molto dure, tanto da lasciare viva
fino ad oggi l'espressione: « Arrevò Pirre e spicciò ‘a pacchia »
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