lunedì 1 dicembre 2014

Da Talassano a u’ Calavrèse per Le Torri di Tazzano




La storia tramandata dai libri, quella che abbiamo imparato sui banchi di scuola, è la storia delle dominazioni, del potere, delle signorie, dei regnanti. La storia di un paese conteso tra nobili a suon di spade, di fucili e di cannoni, si scrive da sola.
Ogni città, paese, borgo ha la sua storia. Storie famose ma anche storie semplici, di uomini che lavorano la terra, storie fatte di racconti di vita che non leggeremo in nessun libro di storia, ma che facilmente sentiremo raccontare dagli anziani quasi fossero favole.
La storia di Talsano fa parte si queste, una storia legata a doppio filo con il mondo greco-bizantino.
Tutto cominciò negli ultimi anni del periodo Normanno (1258 – 1266) quando Re Manfredi, figlio bastardo di Federico II, cedette le Saline ai monaci Calogeri di San Vito del Pizzo (la zona dove ora è sita la masseria “La Battaglia”) appartenenti all’ordine dei Padri Basiliani.
Facile immaginare che una volta ricevute le saline, i religiosi, per salvarsi dagli attacchi dei Turchi che uccidevano tutti i cristiani che trovavano sul loro cammino, vi abbiano costruito la loro ultima Badia, l’ultimo monastero Italo-Greco dedicato a Santa Maria di Costantinopoli, che raggiunse una certa importanza visto che nell’Archivio del Capitolo di Taranto esiste una pergamena da cui si evince che già nel 1331 i padri Calogeri di Talsano si disputavano l’assegnazione della quarta canonica col Capitolo Metropolitano di Taranto.
Proprio intorno alla Badia sorse il primo nucleo abitato, in questo territorio detto Talassano - con riferimento al sostantivo greco: 'thalassa' ('mare'), proprio in virtù della vicinanza del sito alla costa - a causa della presenza di una ampia zona paludosa, la “Salina Grande”, che la collegava al Mar Piccolo. Il nome Talassano viene storpiato dall’idioma locale che lo trasforma in Tazzano, mentre dagli abitanti dei paesi limitrofi la zona viene comunemente identificata come “ li turri ” – ossia “le torri” perché costituito da masserie munite di torri che servivano come posti di avvistamento per difendersi dalle invasioni dei Saraceni. La torre più famosa è quella detta “ u’ Castelle” nella zona che oggi viene definita “ a’ Carduccia” proprio perché appartenuta alla famiglia Carducci.
Le torri servivano a controllare la costa,  ma era la Chiesa a difendere gli abitanti del piccolo villaggio dalle incursioni dei Saraceni che non avrebbero mai profanato l’Abbazia e le case che la circondavano in quanto dedicata alla Madonna (“Santa Maria”), venerata dai mussulmani in quanto Madre del profeta Gesù. Tra XVII e XVIII secolo, al fine di sfruttare al meglio le risorse del luogo, venne edificato un cospicuo numero di masserie circondate da vigneti, uliveti e campi che offrirono lavoro ai contadini. Verso il 1400 questa zona contava circa 200 abitanti, agricoltori e pastori, la cui vita ruotava intorno alla loro Chiesetta, dove pregavano la loro protettrice che ieri come ancora oggi è la Madonna di Tazzano.
L’Arcivescovo Lelio Brancaccio (Arcivescovo di Taranto dal 1574 al 1599) il 29 gennaio 1578 iniziò la visita alle Chiese dell’Agro orientale del Capitolo di Taranto proprio con la Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli (Santa Maria di Talassano). Nel verbale della visita il canonico descrive una Chiesa abbandonata, senza tetto né porta d’ingresso, costituita da due cappelle, la più grande con un solo altare e la più piccola, dedicata alla Beata Vergine, interamente tappezzata da affreschi, uno dei quali, raffigurante la Beata Vergine e coperto da un baldacchino. Dato il totale stato di abbandono l’Arcivescovo provvide subito a nominare un abate nella persona di Nicola Dania.
Il 23 marzo del 1653, in occasione della visita pastorale di Monsignor Tommaso Caracciolo, la Cappella più piccola affiancava una grande stanza in cui c’era un’icona della Beata Vergine, un dipinto di inestimabile valore giunto dall’oriente verso l’VIII secolo, durante le persecuzioni degli iconoclasti, raffigurante la Madonna di Costantinopoli che veniva venerata con solenni festeggiamenti l’8 settembre – giorno della Natività della Beata Vergine Maria - con grande partecipazione del popolo e dei sacerdoti tarantini. Non si hanno notizie certe che il dipinto fosse di origine orientale dell’VIII secolo, certo è che fu ’oggetto principale di un furto sacrilego avvenuto nel Gennaio del 1973



foto da: https://www.facebook.com/groups/149969395045511/ - U' Calavrès (Talsano e Talsanesi di un tempo)
notizie storiche da: "Percorsi della memoria" di N. De Gregorio 


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